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La politica vecchia per vecchi e l’arte del doppio gioco

«Ma quelli sono di destra, o di sinistra?».

«Voi siete di destra?».

Domande classiche che vengono in genere formulate da persone di età superiore ai 65 anni.

Destra e sinistra sono concetti che hanno poco più di due secoli di vita.

Risalgono, infatti, a dopo la rivoluzione francese, quando i progressisti hanno deciso di collocarsi, all’interno del Parlamento, a sinistra, mentre i conservatori si sono collocati a destra.

Nella storia del genere umano, pertanto, destra e sinistra sono concetti abbastanza giovani, ma hanno colpito profondamente l’immaginario collettivo – tanto da stazionarvi all’infinito – di coloro che giovani non sono più.

Questi ultimi, invece, hanno dimenticato la Storia.

Hanno dimenticato chi erano i tribuni della plebe.

Hanno dimenticato che esistono sfruttati e sfruttatori.

Hanno dimenticato che esistono, come dicono in Sud America, los de arriba e los de abajo, quelli di sopra e quelli di sotto.

Quelle persone rimangono ancorate, come delle patelle agli scogli, ai concetti di destra e di sinistra, quasi fossero per loro una ragione di vita imprescindibile.

Ci hanno fatto tornare alle mente un ricordo di oltre 15 anni fa. Estate 2002, il movimento dei Girotondi cerca PERSONE che aderiscano alla manifestazione indetta per il 14 settembre 2002 a piazza San Giovanni a Roma.

Contattiamo una persona, la quale ci risponde testualmente: «A fine mese c’è la Festa dell’Unità. Vedete nel programma quando è previsto il dibattito sulla situazione politica nazionale attuale, chiedete la parola, esponete la vostra proposta e poi vediamo che cosa decide il Partito».

Della serie, cercavamo PERSONE, abbiamo trovato AUTOMI.

Non si muove foglia, che il Partito non voglia.

Politica vecchia, per vecchi.

«Il Paese ha bisogno di un cambiamento» era lo slogan renziano durante la campagna elettorale per il referendum elettorale del 4 dicembre 2016.

Quel “ritornello”, in generale, era entrato come un mantra nel cervello… di chi?

Di QUELLE persone.

Delle persone di età superiore ai 65 anni.

Politica vecchia, per vecchi.

Agli sgoccioli di quella campagna elettorale, assistemmo alla dichiarazione di Romano Prodi a favore del Sì alla riforma.

Dichiarazione che ha portato più danni che benefici all’ex presidente della Provincia di Firenze, nonché ex sindaco di Firenze, nonché ex qualcos’altro (e speriamo che tale rimanga in eterno).

In questi giorni abbiamo assistito ad una dichiarazione simile.

A nostro avviso, i consensi per Renzi sono immediatamente crollati.

Doppio gioco?

DOPPIO GIOCO?

Romano Prodi è stato advisor di Goldman Sachs.

La stessa Goldman Sachs che riteniamo sia il deus ex machina dell’accordo sottobanco tra Grasso e Grillo, come abbiamo già scritto qui: https://terracinasocialforum.wordpress.com/2018/01/17/chi-vota-grasso-vota-grillo.

Quando Romano Prodi ha tentato la scalata al Quirinale, ha cercato appoggi presso la Dinastia Casaleggio: http://www.polisblog.it/post/57599/elezioni-2013-casaleggio-prodi-movimento-5-stelle-quirinale.

Quei canali comunicativi sono rimasti aperti ed hanno dato vita all’accordo sottobanco.

Poi il popolarissimo, amatissimo, idolatrato dalle folle Romano si è di nuovo speso a favore di Matteo, come nel 2016 prima del referendum costituzionale, servendogli un’altra polpetta avvelenata e vendicandosi di colui che, muovendo 101 pedine, nel 2013 gli ha impedito di diventare presidente della Repubblica.

Tra l’altro, le motivazioni prodiane sono ridicole. Il PD è UN SOLO partito, mentre Liberi e Uguali è uno schieramento che unisce TRE DIVERSE forze politiche. Lo spirito del centrosinistra, volendo utilizzare parole ormai antiquate, è presente in LeU, non nel Partito Democratico.

È un dato di fatto.

Ma la realtà è che si tratta di una polpetta avvelenata.

La magica arte del doppio gioco.

Giusto per la cronaca, Romano Prodi è lo stesso Romano Prodi della famosa seduta spiritica bipartisan avvenuta durante il sequestro di Aldo Moro.

Seduta bipartisan perché alla stessa hanno partecipato anche Mario Baldassarri, poi divenuto viceministro dell’Economia del governo Berlusconi, e Alberto Clò, nominato ministro dell’Industria nel governo Dini.

Da quella seduta spiritica uscì fuori la parola “Gradoli”.

Al riguardo, il giornalista Giovanni Fasanella ha formulato un’ipotesi interessante: quella parola andrebbe scissa in due singole parole, grado e LI. LI va interpretato come un numero romano, quindi 51.

Il messaggio, in codice massonico, era diretto ad Andreotti (all’epoca presidente del Consiglio) e Cossiga (all’epoca ministro dell’Interno), e stava a significare che la regia dell’operazione saliva di grado (dal 33° al 51°), quindi al generale britannico a capo della rete Gladio.

Info qui (dal minuto 5:50 – la persona seduta nell’inquadratura a sinistra forse vi è nota…): https://www.youtube.com/watch?v=D7qwD5IJPvs.

Tornando alla magica arte del doppio gioco, non sono pochi, nella politica italiana, quelli che la applicano.

Ad esempio, già in precedenza abbiamo parlato di colui che ha presieduto alla cerimonia di beatificazione di Escrivà de Balaguer, destando più scalpore negli Stati sudamericani piuttosto che nel nostro Paese.

Tale persona, negli ultimi 25 anni di attività politica, ha sempre lavorato per la sua VERA parrocchia, che guarda caso coincideva anche con la parrocchia di Silvio Berlusconi. Ed infatti, negli ultimi 25 anni, ha sempre favorito il Cavaliere, pur facendo parte dello schieramento politico a lui avverso.

Poi ci sono coloro che sono sostenuti da George Soros, presenti soprattutto nel PD, come rivelato da DCleaks, un sito – sullo stile di Wikileaks – che rivela notizie segrete alla stampa: http://megachip.globalist.it/democrazia-nella-comunicazione/articolo/2017/11/02/la-lista-degli-eurodeputati-di-cui-soros-puo-fidarsi-2014183.html.

Ma politici sostenuti da Soros si trovano anche al di fuori del PD.

Ad esempio, Emma Bonino fa parte del board dell’Open Society Foundation di Soros: https://www.opensocietyfoundations.org/people/emma-bonino.

Attenzione, quindi, a chi recentemente ha collaborato con i Radicali su iniziative come raccolte di firme o altro: potrebbe essere una pedina del magnate che, ricordiamolo, è stato condannato in contumacia in Malesia ed in Indonesia per le speculazioni effettuate contro le valute locali e che, pertanto, non è una compagnia poi così raccomandabile come i media mainstream vogliono farci credere.

Un eventuale sostegno da parte di Soros è… Possibile?

 

La “buona politica”

 

 

Abbiamo letto qui (http://www.latinaoggi.eu/news/attualita/60562/terracina-risarcimenti-per-la-tromba-dariaa-la-politica-fa-polemica) le scaramucce dei partiti, in piena campagna elettorale (nazionale e regionale), relativamente ai rimborsi erogati dalla Regione ai cittadini che hanno subito danni dalla tromba d’aria che ha colpito il territorio di Terracina a novembre scorso.

Ci ha colpito l’uso di queste due parole: “buona politica”.

Ricordiamo, A TUTTI, che compito della “buona politica” è prima di tutto quello di fare prevenzione.

Il territorio della nostra città recentemente è stato colpito da vari fenomeni naturali ed eventi provocati dall’uomo che hanno causato seri danni.

Tutti gli enti coinvolti nell’attività di prevenzione (Comune, Provincia, Regione) potrebbero fare molto, molto di più, sia prima che dopo gli eventi calamitosi.

Ad esempio, si potrebbero controllare meglio i terreni bruciati dopo gli incendi, evitando che in tali luoghi si eserciti il bracconaggio, come previsto dalla legge e come già evidenziato dal WWF di Terracina.

Il Comune potrebbe rispondere che non ha le risorse economiche adeguate per fare una seria e forte attività di prevenzione.

Verissimo, però il Comune stesso potrebbe evitare di creare ulteriori situazioni di rischio.

Qualche esempio?

È risaputo che inondazioni e “bombe d’acqua” avvengono ANCHE perché si è cementificato troppo. I controlli sull’abusivismo edilizio sono adeguati? Sanzionando gli abusivi, si otterrebbero risorse finanziarie.

Non solo: perché continuare a far edificare e cementificare, ad esempio con i tanti supermercati cresciuti ultimamente come funghi? Tra l’altro, relativamente ad una zona di Terracina nella quale è stato aperto un centro commerciale è in corso un’indagine del NIPAF per violazione della normativa urbanistica.

Perché consentire l’apertura di un altro importante supermercato su un tratto di strada (quello della Pontina tra Badino e l’ingresso di Terracina) ad alto rischio di incidentalità?

Perché autorizzare eventi che hanno un elevatissimo rischio di morte, per protagonisti e spettatori, come gli Air Show? Eventi che stressano la città e non portano ricchezza al territorio, in primis agli operatori turistici, fatta eccezione per gli organizzatori degli eventi stessi, cioè i gestori degli stabilimenti balneari. La città è di tutti, non di poche categorie.

Apriamo una parentesi: concordiamo pienamente con la SPI-CGIL di Terracina quando sottolinea che da parte dell’amministrazione comunale non è stata spesa una parola nei confronti di due VERI eroi, Spartaco Ometto e Rosa Durazzi, che a giugno 2017 a Foce Sisto hanno sacrificato la loro vita per salvare dei bambini che stavano annegando (http://www.terracinanotizie.net/notizie/comunicati-stampa/1422/caro-babbo-natale).

Chiusa la parentesi, le responsabilità per la mancata prevenzione non sono solo a livello comunale.

Le Province, ad esempio, hanno competenze in materia di tutela dell’ambiente, ma sono state letteralmente depredate delle risorse a loro disposizione, con i tagli ai finanziamenti.

Chi ha autorizzato tutto ciò?

Chi ha ridotto drasticamente le risorse a disposizione degli enti territoriali inserendo il pareggio di bilancio in Costituzione, sebbene l’Unione Europea non ci avesse obbligati a farlo?

Gli stessi partiti che ora fanno scaramucce riguardo ai rimborsi per chi ha subito danni dalla tromba d’aria.

È questa la “buona politica”?

Chiudiamo con un’ultima osservazione: se il territorio fosse maggiormente presidiato, se ci fosse un maggior rispetto della legalità da parte dei cittadini ed un maggior controllo da parte di chi dovrebbe vigilare sul rispetto della legalità stessa, i risarcimenti per i danni della tromba d’aria sarebbero molto, molto più alti.

Tradotto: manufatto abusivo, zero rimborso.

E chi è che non ha vigilato?

La… “buona politica”.

Chi vota Grasso vota Grillo

O, meglio, Casaleggio.

O, meglio ancora, Goldman Sachs.

In questo articolo spiegheremo perché.

Premessa: la politica ormai è diventata marketing. I politici non devono più proporre un nuovo modello di società oppure indicare come intendono migliorare il modello esistente. No, adesso i politici fanno marketing, alla furiosa e disperata ricerca di consensi.

Tutto ciò quando rivolgono lo sguardo verso il basso, nei momenti in cui serve loro.

In genere, invece, il loro sguardo è rivolto verso l’alto, dove prima di tutto vedono i fili e poi, seguendo questi ultimi, vedono i loro “sponsor”.

Quindi, perché chi vota Grasso vota Casaleggio e Goldman Sachs?

Per capirlo bisogna tornare al 4 dicembre 2016 o, meglio, al 2 dicembre 2016, il giorno in cui si è chiusa la campagna elettorale per il referendum costituzionale. Quel giorno un commento su Facebook ci ha illuminati. Si trattava di una persona che indicava ai propri “followers” di votare No.

Subito dopo aver letto quel commento, siamo corsi a cercare, su Internet, l’indicazione di voto data dall’ex premier Mario Monti: anch’egli si spendeva per il No.

A quel punto abbiamo capito tutto.

La riforma costituzionale è stata predisposta perché in un suo dossier la banca d’affari JP Morgan lamentava il fatto che l’Europa non cresceva economicamente secondo il proprio potenziale in quanto i processi decisionali erano rallentati dalle Costituzioni antifasciste dei Paesi del Mediterraneo, tra cui l’Italia.

Ecco che cosa era scritto precisamente in quel dossier (https://culturaliberta.files.wordpress.com/2013/06/jpm-the-euro-area-adjustment-about-halfway-there.pdf):

“I sistemi politici dei Paesi del sud, e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea”.

Ovviamente, dopo quel dossier, si sono mossi i fili di JP Morgan e si sono prontamente attivati i politici della cordata (avremmo voluto scrivere un’altra parola, di 5 lettere, che inizia sempre per “co” e finisce per “a”, ma lasciamo ai lettori la fatica di individuare le due lettere mancanti).

Però, casualmente, durante la campagna elettorale, i politici della co..a Goldman Sachs si battevano contro la riforma costituzionale.

Segno evidente che tra le élites che governano il mondo, c’è una lotta all’ultimo sangue tra la co..a JP Morgan e la co..a Goldman Sachs.

In passato, in Italia, lo scontro è stato, per decenni, tra finanza ebraica e finanza cristiana, o, salendo di un gradino, tra massoneria ed Opus Dei. Ne sono esempi lo scontro feroce tra Cuccia e Sindona negli anni ‘80, le privatizzazioni del 1992-93 che hanno impoverito il Paese alle quali si è opposto Giulio Andreotti (ma anche Bettino Craxi), la vicenda dei “furbetti del quartierino” che a metà degli anni 2000 ha portato alle dimissioni di Antonio Fazio (che difendeva “l’italianità” delle banche) e alla sua sostituzione con Mario Draghi alla guida della Banca d’Italia.

Ovviamente lo scontro si ripeteva con protagonisti diversi anche nel resto del mondo occidentale.

Non a caso George Soros, intervistato da Christine Ockrent a dicembre 2004, alla domanda «Perché ha rivinto le elezioni Bush nonostante tutti i soldi con i quali lei ha sostenuto in campagna elettorale il suo avversario Kerry?», ha risposto: «Ho sottovalutato il potere che ha raggiunto anche negli USA l’Opus Dei».

Messa all’angolo l’Opus Dei, lo scontro si è acceso, violentissimo, all’interno della finanza ebraica.

Qual è il punto specifico sul quale sono divisi?

Il ruolo del dollaro USA.

Premessa: il dollaro è la moneta internazionale degli scambi e ciò dà un immenso vantaggio competitivo agli Stati Uniti. Questi ultimi, infatti, possono avere contemporaneamente un elevatissimo debito pubblico ed una bilancia dei conti con l’estero perennemente in perdita perché possono stampare dollari e titoli di Stato che gli altri Paesi sono costretti ad accettare.

Gli Stati Uniti sono tecnicamente falliti il 15 agosto 1971, quando il presidente Richard Nixon abolì la conversione del dollaro in oro, ma il sistema continua ad andare avanti ugualmente perché gli altri Paesi non si oppongono (gli USA sono la principale potenza militare mondiale) e perché sono stati trovati, nel tempo, dei palliativi per impedire al sistema di collassare. Tra i principali palliativi, il petro-dollaro (per il quale è fondamentale il ruolo dell’Arabia Saudita) e la finanziarizzazione dell’economia, che ha fatto schizzare in alto debiti pubblici e debiti privati in tutto il mondo.

Ovviamente tale sistema non può durare in eterno, anche perché i cosiddetti Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, anche se ora sarebbe più corretto definirli RICS, dato che gli USA si sono ripresi il Brasile) hanno aumentato la quota di scambi internazionali tra di loro che avvengono al di fuori del dollaro ed hanno creato degli organismi sovranazionali alternativi al Fondo Monetario Internazionale ed alla Banca Mondiale.

Di fronte a tutto ciò, di fronte ai conclamati scricchiolii del dollaro, le élites del mondo “occidentale” si sono spaccate: la co..a JP Morgan ritiene che il dollaro debba rimanere la moneta internazionale degli scambi ad ogni costo, compresa anche un’eventuale guerra atomica, mentre la co..a Goldman Sachs ritiene che si debba trattare con gli “asiatici”, perché sul medio-lungo termine questi ultimi saranno vincitori.

Tale scontro, a livello internazionale, ha trovato espressione nella Brexit e nell’elezione di Trump, con la vittoria della co..a Goldman Sachs, nonché nell’elezione di Macron in Francia, con la vittoria invece della co..a JP Morgan.

In Italia, il primo round di questa guerra tra co…e si è avuto nel 2013, con la vittoria di JP Morgan che ha impedito agli uomini di Goldman Sachs di sedersi al Quirinale ed a Palazzo Chigi.

Ne abbiamo già parlato qui: https://terracinasocialforum.wordpress.com/2017/01/18/e-meglio-la-post-verita-o-la-pre-verita.

Il secondo round italiano di questa guerra tra co…e è stato il referendum costituzionale, che ha registrato la vittoria di Goldman Sachs.

Il terzo round sono le elezioni politiche del 2018, con nel frattempo l’Opus Dei che si è ripresa dalla batoste subite ed è riuscita a serrare le fila (sebbene anche in quel campo si siano registrati morti e feriti, basti pensare all’ex governatore della Lombardia – strano tuttavia che i “Fratelli” non abbiano nulla da dire). Senza considerare, comunque, che dall’altra parte c’è colui che partecipò alla cerimonia di beatificazione di Escrivà de Balaguer, il fondatore dell’Opus Dei, e che pertanto ha sempre lavorato per la sua vera “parrocchia”.

I fili di Goldman Sachs, in vista del voto, si sono di nuovo mossi ed ecco spiegato il perché del titolo di questo articolo.

Dopo il referendum costituzionale si sono attivate alcune pedine Goldman che hanno cercato di riscrivere il Vangelo secondo Matteo, prevedendo per quest’ultimo un semplice ruolo da segretario di partito, senza candidatura, ma non c’è stato nulla da fare.

Di conseguenza, si è cercata la sponda del M5S.

Due parole su quest’ultimo.

Movimento strano, veramente molto strano.

«Trasparenza», «democrazia diretta» gli slogan principali.

Tra cui anche «Uno vale uno».

Che però non vale per il… figlio di papà.

Era nelle monarchie assolute del Medio Evo che il potere si tramandava di padre in figlio.

Poi, francamente, un movimento che viene votato in massa dalle forze dell’ordine non sarà mai un movimento rivoluzionario.

Le forze dell’ordine manganellano i manifestanti che sono pericolosi per le élites, come i no global che si scagliavano contro il Vero Potere, cioè gli organismi sovranazionali, ma si levano i caschi in segno di solidarietà alle manifestazioni di coloro che attaccano la “casta”.

Le elezioni, in Italia ma anche all’estero, sono diventate una sorta di tiro al piattello. L’elettore che non riceve briciole grazie al clientelismo imperante, in genere riflette nelle settimane precedenti al voto, dopodiché identifica colui che ritiene essere il suo nemico e, nell’urna, imbraccia metaforicamente il fucile e spara.

Se tale tipo di elettore ritiene che il suo nemico siano i ladri di polli, nelle istituzioni a rappresentarlo avrà delegati che faranno la lotta ai ladri di polli.

Se invece l’elettore ritiene che il suo nemico siano banche, finanza, speculatori e NATO, nelle istituzioni a rappresentarlo avrà delegati che faranno la lotta al Vero Potere.

Ecco, noi vorremmo un’Italia che non sia più “Travagliata”.

Vorremmo un’Italia in cui si parla tutti i giorni di politica estera, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Perché la politica estera non è sapere chi è il nuovo fidanzato della soubrette argentina o la nuova fidanzata dell’erede al trono britannico, né tanto meno sapere se l’Inter schiererà qualche giocatore italiano nella prossima partita di campionato.

Prossima apertura di un punto d’informazioni turistiche terracinesi a Roma e al Vaticano?

Un’altra notizia del 2017 che è stata presentata in termini trionfalistici (va di moda: o si tratta di annunci in pompa magna, oppure si tratta di fake news…), è stata quella relativa all’accordo tra il Comune di Terracina ed il Comune di Monte San Biagio riguardo all’apertura di un punto di informazioni turistiche presso la stazione ferroviaria di Monte San Biagio-Terracina Mare.

Bella notizia, ma…

… ma non sarebbe più logico aprire un punto di informazioni turistiche presso il Polo dei trasporti di Terracina, come il Terracina Social Forum chiede fin dalla sua istituzione, nel lontano giugno 2012?

Ricordiamo che al Polo dei trasporti manca tutto: bagni pubblici, una fontanella, un’illuminazione adeguata, pensiline, panchine, una corretta pulizia, marciapiedi in buono stato, con scivoli per i disabili al capolinea del Cotral, possibilmente con la vegetazione che sporge sui marciapiedi stessi tagliata regolarmente e con i cestini svuotati con maggiore frequenza, per evitare che diventino traboccanti di rifiuti.

Ma al Polo dei trasporti fondamentalmente mancano le informazioni, quando fornirle sarebbe abbastanza facile, possibilmente anche in lingua straniera (il che, allo stato attuale, ci sembra fantascienza…). All’interno della stazione ferroviaria non è affisso nulla che possa essere utile ai turisti, a cominciare da una mappa della città. Chi arriva al Polo dei trasporti per la prima volta da un’altra località, scendendo dai bus sostitutivi del treno non sa assolutamente né che cosa siano Cotral (pullman regionali) e Cotri (autobus cittadini), né tanto meno sa da dove partono. Ma neanche c’è uno straccio di cartello o di avviso affisso che lo spieghi. I turisti devono affidarsi al buon cuore degli autisti Cotri.

Ciliegina sulla torta, il tabellone luminoso presente nel piazzale, che PER LOGICA dovrebbe fornire prioritariamente notizie su viabilità e trasporti, fornisce informazioni di ogni tipo, tranne quelle veramente necessarie per un turista o per un viaggiatore.

A conferma del fatto che il Polo dei trasporti è stato istituito, molto probabilmente, per tenere fede ad una promessa fatta, nella campagna elettorale del 2011, ad alcune famiglie terracinesi residenti in via Badino: «Gli autobus Cotral non transiteranno più per via Badino».

Promessa non mantenuta grazie alla ferma opposizione di pendolari, studenti e presidi delle scuole superiori, nonché dello stesso Cotral.

Ma promessa che spiega anche perché il Polo dei trasporti venga tenuto in tale stato di abbandono.

Stato di abbandono denunciato da pochissime forze politiche o realtà associative.

Tutto ciò, per quanto riguarda Terracina.

Ma se ci spostiamo a Terracina Mare?

Il discorso cambia poco, sebbene il Circolo Legambiente di Terracina abbia tenuto a precisare che nel Rapporto Legambiente “Qualità delle stazioni nel Lazio” la stazione di Monte San Biagio risulta essere tra le migliori. Figuriamoci in quali condizioni si trovano le altre…

Anche a Terracina Mare, infatti, adesso, ora, in questo momento, mancano bagni pubblici, fontanelle, ecc., e difettano completamente le informazioni “basilari” per i turisti ed i viaggiatori. Questi ultimi, che cosa devono fare per arrivare a Terracina? Quali altri mezzi di trasporto devono prendere? All’interno della stazione ferroviaria non c’è scritto nulla.

Senza considerare i disagi che devono subire i pendolari abituali.

Un esempio?

Prima i bus Cotral provenienti da Fondi e diretti a Terracina fermavano proprio davanti alla stazione ferroviaria, sull’altro lato della via Appia, mentre ora la fermata è stata spostata 500 metri prima. Il pendolare, in passato, poteva posizionarsi alla fermata sulla via Appia ed aspettare i bus di passaggio, salvo eventualmente salire sul pullman fermo nel parcheggio (quello della linea Terracina-Monte S. Biagio FS) non appena quest’ultimo si avviava.

Ora invece non è più così, perché il pendolare è costretto a scommettere: «Partirà prima la navetta Cotral per Terracina ferma nel parcheggio, o mi conviene appostarmi alla fermata che si trova a 500 metri di distanza?». Abbandonato a se stesso, senza alcuna informazione sugli orari di passaggio (o di partenza dal piazzale) dei mezzi Cotral.

Alla fermata Cotral, inoltre, non c’è la pensilina per riparare i viaggiatori e manca un cestino dei rifiuti: si sa che sui treni è vietato fumare ed i tabagisti, appena scesi alla stazione, accendono le sigarette. Che poi diventano mozziconi. Che poi finiscono in un cestino (insieme eventualmente col pacchetto finito), laddove il cestino esiste.

Laddove il cestino non esiste, si crea l’immondezzaio…

Alla luce di tutto ciò, noi non vediamo alcun trionfo nell’affermare entusiasticamente che alla stazione di Monte San Biagio-Terracina Mare verrà aperto un punto di informazioni turistiche.

Prima di tutto andrebbero garantite condizioni igienico-sanitarie e di comfort ideali per i viaggiatori (ad esempio, eliminando le barriere architettoniche, rendendo operative le infrastrutture per i disabili, attivando i bagni, posizionando una fontanella, ecc.).

Poi le informazioni “basilari” per i viaggiatori, in attesa del punto d’informazioni turistiche, si possono anche affiggere nei locali già esistenti della stazione. Bastano dei semplici avvisi con orari dei pullman Cotral e dei bus Cotri. Così come avviene in tante altre città italiane.

Un esempio fra tanti? Alle pareti della stazione Montebello della linea ferroviaria “FC3” Roma-Civita Castellana-Viterbo sono affissi gli orari dei pullman Cotral nonché dei mezzi della società Rossi Bus che gestisce i trasporti cittadini del Comune di Sacrofano.

Tutto ciò operativamente, praticamente, fattivamente, e senza comunicati trionfalistici.

È così difficile scendere almeno una volta dall’auto blu ed immedesimarsi nei problemi che devono affrontare pendolari, viaggiatori e turisti?

Oppure le priorità sono fare cassa con il parcheggio a pagamento ed ottenere consensi con la creazione di qualche posto di lavoro precario all’interno del punto d’informazioni turistiche?

 

«Devo prendere il fucile o chiamare i carabinieri? Decidi tu»

Un’altra bella notizia della fine del 2017 è stata quella riguardante i quattro arresti effettuati dalle forze dell’ordine nei confronti dei presunti esecutori dell’omicidio del boss camorrista Gaetano Marino, avvenuto il 23 agosto 2012 sul lungomare di Terracina.

Dopo quella bella notizia, per qualche giorno ci siamo illusi di riceverne un’altra, ma non abbiamo trovato nulla al riguardo sugli organi di stampa locali.

Dopo aver letto che il Comune di Rimini si è costituito parte civile nel processo contro i presunti autori degli stupri su una turista polacca e una trans peruviana avvenuti la notte del 26 agosto 2017, speravano che anche da Terracina arrivasse una notizia simile, e invece…

E invece da parte della nostra amministrazione comunale non si parla di costituirsi parte civile nel processo per l’omicidio di Gaetano Marino, nonostante il gravissimo danno d’immagine inferto alla nostra ridente città, che vive di turismo, e senza considerare il terribile impatto psicologico che ha avuto l’efferato delitto sui nostri concittadini.

A dire la verità, è sull’intera questione legalità che i nostri rappresentanti in Consiglio comunale, di maggioranza e di opposizione, ci sembrano piuttosto latitanti, come abbiamo già evidenziato qui: https://terracinasocialforum.wordpress.com/2016/09/07/mafie-consigli-per-una-vera-opposizione.

Non ripetiamo ciò che abbiamo scritto in tale articolo, ma oggi segnaliamo ulteriori interventi ed iniziative che potrebbero essere adottate.

Ad esempio, si potrebbe istituire l’Assessorato contro il racket e la criminalità.

Oppure, si potrebbe adottare il protocollo della legalità, ideato dall’architetta lodigiana Serena Righini, dipendente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Merlino, e dall’ingegnere Luca Bertoni, già sindaco di Tavazzano e consulente tecnico, che prevede un premio (+8% delle volumetrie) a chi accetta di sottoporre a controlli serrati (da bilanci e conti correnti fino alle targhe dei mezzi in cantiere) la propria azienda e i subappaltatori, con rescissione netta del contratto (e pagamento di una penale del 20%) per chi non supera i controlli.

Inoltre, si dovrebbe promuovere il whistle-blowing tra i dipendenti comunali, con il quale segnalare in maniera anonima irregolarità e/o attività fraudolente, si deve integrare il codice di comportamento dei dipendenti comunali, adattandolo alla nuova normativa in vigore ed alle specifiche caratteristiche del Comune, si dovrebbe prevedere l’osservanza del codice di comportamento per i collaboratori esterni a qualsiasi titolo, per i titolari di organo, per il personale impiegato negli uffici di diretta collaborazione dell’autorità politica, per i collaboratori delle ditte fornitrici di beni o servizi od opere a favore dell’amministrazione, nonché prevedendo la risoluzione o la decadenza dal rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal codice stesso.

Ma una misura in particolare ci preme: istituire, ai sensi dell’articolo 19 dello Statuto comunale, una Commissione consiliare d’inchiesta sul fenomeno del caporalato (nonché prevedere che il Comune si costituisca parte civile nel caso di reati di caporalato).

Nel settore agricolo vige il detto «lontano dagli occhi, lontano dal cuore». Nelle campagne i ghetti (o i casolari) privi di acqua, gas, corrente elettrica e servizi igienici diffusissimi nell’Italia centro-meridionale nei quali vengono fatti alloggiare i braccianti di nazionalità straniera, infatti, hanno un duplice scopo: consentono agli imprenditori agricoli (e ai caporali) di avere a disposizione un serbatoio di manovalanza a basso costo da sfruttare a proprio piacimento, con il beneplacito delle autorità; queste ultime, invece, ottengono il magico risultato di guadagnare consensi elettorali e contemporaneamente tenere lontano dalla vista dei cittadini piccoloborghesibenpensanti i tanti stranieri presenti sul territorio.

Danno fastidio quei pochi rifugiati che chiedono l’elemosina agli ingressi dei supermercati, come lamentato anche dal nostro primo cittadino?

Ammesso e non concesso che diano fastidio, non commettono alcun reato (per ora, almeno fino a quando non verrà dichiarato reato il chiedere l’elemosina, ed i primi segnali che ciò avvenga si percepiscono già).

Ma se danno fastidio persone che non commettono reati, perché chiudere gli occhi davanti alle illegalità che avvengono nelle campagne, con comportamenti che negano la dignità di persone che stanno qui per lavorare, non per chiedere l’elemosina, con condotte ai limiti della violazione dei più elementari diritti umani?

Questa situazione ci ricorda una canzone di vent’anni fa: “Quelli che benpensano” del rapper Frankie Hi-nrg mc. Il primo verso di quella canzone, infatti, è “Sono intorno a noi, in mezzo a noi”.

Un nostro amico che abita a Borgo Hermada ci ha raccontato, al riguardo, una storia interessante.

Ogni mattina veniva svegliato alle 6 da due colpi di clacson di un veicolo che parcheggiava sotto casa sua. Una mattina, incuriosito da quell’evento che si ripeteva tutti i santi giorni, si è affacciato alla finestra qualche minuto prima delle 6. Che cos’ha visto? Decine di indiani che aspettavano sul marciapiede. Poi, alle 6, è arrivato un furgone che, non appena parcheggiato, ha dato i due colpi di clacson. Questi ultimi erano assolutamente inutili, perché i braccianti erano già presenti sul posto, ma avevano la finalità, i due colpi di clacson, di affermare il seguente concetto: «Qui comando io».

Una mattina d’estate, il nostro amico dormiva con la finestra aperta per il troppo caldo. Alle 6, sentiti i due colpi di clacson, si è alzato dal letto esasperato e si è fiondato alla finestra gridando: «La vuoi finire con questo clacson tutte le mattine! Devo prendere il fucile o chiamare i carabinieri? Decidi tu».

Il caporale, da quel giorno, non ha più suonato il clacson alle 6 di mattina.

«Lontano dagli occhi, lontano dal cuore».

Ecco, invece il Terracina Social Forum vuole con la massima determinazione che questo velo si sollevi.

Non accettiamo più che, dalle nostre parti, le minacce le debbano subire solo i giornalisti coraggiosi che denunciano questi eventi e questo malaffare, come il nostro amico Marco Omizzolo, mentre le forze politiche, di maggioranza, di opposizione, di opposizione al di fuori del Consiglio comunale, rimangono completamente silenti per questioni di puro calcolo elettorale, tranne pochissime e lodevolissime eccezioni.

Invitiamo, poi, i nostri concittadini a segnalare qualsiasi irregolarità in cui s’imbattono (o di cui hanno eventualmente notizia) alle forze dell’ordine, ma anche alle associazioni antimafia presenti sul territorio, ad esempio Libera o l’Associazione Caponnetto.

Queste ultime, infatti, dopo anni e anni di esperienza, sanno anche come riuscire a superare i cosiddetti “porti delle nebbie”.

Noi abbiamo fiducia nel popolo.

Ma il popolo deve capire, una buona volta, che gli stanno togliendo tutto.

La guerra tra poveri in salsa terracinese

La fine del 2017 è stata caratterizzata da alcune buone notizie.

Una di queste riguarda i dati pubblicati nel rapporto Ermes, in base al quale il Comune di Terracina si colloca al quinto posto in Italia per giorni non lavorati da parte dei propri dipendenti.

A parte il fatto che tali dati sono stati contestati, a ragione, sia dai dipendenti del Comune sia dai sindacati, perché la riteniamo una buona notizia, ammesso sempre che quei dati siano corretti?

Perché, ribaltando l’ottica, significherebbe che i dipendenti del Comune di Terracina sono molto, molto più produttivi dei loro colleghi che lavorano negli altri Comuni d’Italia. Già, perché se i servizi che il Comune offre ai propri cittadini sono, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, uguali a quelli che offrono gli altri Comuni italiani, allora vuol dire che i dipendenti del nostro Comune sono molto più produttivi.

Questa è la vera notizia, perché per un imprenditore o, meglio, per un datore di lavoro sano, efficiente ed intelligente, è la produttività il valore fondamentale. Sia esso datore di lavoro privato o pubblico.

Tutto ciò dovrebbe far riflettere.

All’interno di un ente locale, si possono ottenere gli stessi risultati sia pur lavorando meno ore. Ma, particolare fondamentale, mantenendo invariata la retribuzione.

Come ha scritto Maurizio Pallante, il fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, nel suo libro “La felicità sostenibile”,

Per ridurre il numero dei disoccupati (…), basta scegliere che gli aumenti di produttività derivanti dall’adozione di innovazioni tecnologiche di processo non siano finalizzati ad aumentare la produzione riducendo il numero degli occupati, ma a ridurre l’orario di lavoro degli occupati e accrescerne il numero. A chi obiettasse che questa scelta aumenta i costi di produzione delle aziende, basta ricordare che se aumenta la produzione e rimane invariato il numero degli occupati, o peggio, diminuisce come succede ogni volta che si fanno forti investimenti in tecnologia, resta stazionaria o diminuisce la domanda a fronte di un aumento dell’offerta. La scelta di non ridurre l’orario di lavoro degli occupati in conseguenza degli aumenti di produttività è la causa delle recessioni. La spada di Damocle che dal 1929 pende sulle economie fondate sulla crescita del PIL e che in questa fase storica si è di nuovo abbattuta pesantemente su di esse.

Due studiosi francesi, Oliver Marchand e Claude Thélot (citati da Serge Latouche nel libro “Breve trattato sulla decrescita serena”, Bollati Boringhieri, Torino 2008, pag. 85) hanno documentato nel 1997: «In Francia nell’arco di due secoli la produttività oraria del lavoro è aumentata di 30 volte, la durata del lavoro individuale si è ridotta soltanto della metà e l’occupazione è aumentata soltanto di 1,75 volte, mentre la produzione è aumentata di 26 volte».

Tutto ciò non è stato assolutamente messo in evidenza dal comunicato stampa dei sindacati locali, che abbiamo trovato qui: http://www.latinaoggi.eu/news/attualita/58617/terracina-assenteismo-i-sindacatia-dal-report-solo-mezze-verita-.

Ma ciò che ci ha maggiormente colpito è stata la lettera inviata dal sindaco ai dipendenti in servizio, pubblicata qui: http://www.latinaoggi.eu/news/attualita/58534/terracina-dati-sullassenteismo-procaccinia-aamarezzaa-lettera-ai-dipendenti.

In particolare, ci ha colpito il seguente passaggio:

Tutti dobbiamo tenere bene a mente che un giovane di oggi il posto fisso se lo sogna. C’è una generazione, forse già due, che non può permettersi di chiedere un mutuo, di accedere al credito per realizzare i propri progetti di vita, che è costretta ad accontentarsi di lavori di ripiego, precari, saltuari e largamente dequalificati rispetto ai titoli acquisiti. È la prima generazione che sta peggio della precedente, senza diritti, anche perchè abusati da chi li ha preceduti. Godere di 14 mensilità, della malattia, di permessi personali e per i congiunti, è oggi una condizione per la quale bisogna avere rispetto. Nella nota ho voluto sottolineare i concetti sinora espressi, evidenziando come quelli ad essere maggiormente danneggiati sono i cittadini, i colleghi più responsabili e, soprattutto, i loro figli e nipoti che stanno ereditando una condizione di profondo disagio creato da mentalità e culture opportunistiche che fanno pensare al piccolo tornaconto personale senza avere cura di un futuro difficilissimo, divenuto già presente senza che ce ne accorgessimo. Personalmente ho il dovere, ma soprattutto il desiderio, di pensare a chi ci sarà dopo di noi.

Premessa: i dipendenti comunali sono il patrimonio più importante dell’Ente, sono la sua vera, inestimabile ricchezza.

I dipendenti comunali vanno formati, incentivati e tutelati. A partire dalla loro salute. Esiste una normativa che mira a difendere le condizioni di salute sui luoghi di lavoro. Viene applicata nel Comune di Terracina? E se non viene applicata, di chi è la responsabilità? Dell’assessore al Personale e del sindaco, figure che, a Terracina, coincidono con la stessa persona, dato che il sindaco ha tenuto per sé la delega al Personale.

I cittadini hanno un modo semplicissimo per verificare se vengono tutelate le condizioni di salute dei dipendenti comunali: entrando nelle varie sedi dell’ente, basta controllare se i monitor dei computer sono posizionati di fronte agli impiegati, anziché di lato. Perché? Perché se il monitor è collocato di lato, in modo obliquo anziché frontalmente all’impiegato, quest’ultimo, col tempo, soffrirà di dolori alle spalle ed al collo, nonché di artrosi cervicale, perché assume una postura errata sul luogo di lavoro.

Noi la verifica l’abbiamo fatta in alcuni uffici comunali e, ahinoi, abbiamo visto parecchi, troppi monitor posizionati obliquamente.

Ma della lettera del sindaco ci ha colpito soprattutto il ricorso alla classica “guerra fra poveri” (forse perché, per lignaggio familiare, il primo cittadino non fa parte della categoria).

Se un giovane di oggi il posto fisso se lo sogna, non è certo per responsabilità dei dipendenti comunali.

Basta gettare fango sulla categoria dei dipendenti pubblici.

Questa è una strategia che è stata applicata alla perfezione alla metà degli anni Duemila, quando il presidente della Confindustria dell’epoca era terrorizzato all’idea che, in sede di stipulazione del nuovo contratto collettivo, i dipendenti pubblici potessero ottenere aumenti di stipendio a suo giudizio troppo alti, provocando la successiva rivendicazione di incrementi salariali anche da parte dei dipendenti dei settori privati.

Così quel presidente di Confindustria si è ricordato che controllava il gruppo RCS ed ha dato mandato ad alcuni suoi sicari di gettare fango sui cosiddetti costi della politica, nonché sugli sprechi della pubblica amministrazione, con la contestuale campagna contro i dipendenti pubblici «fannulloni».

Che cosa s’impara da tutto ciò? Due cose:

1) diffidare, diffidare, diffidare di chi propone ed alimenta continuamente la guerra tra poveri;

2) diffidare, diffidare, diffidare di chi si riempie continuamente la bocca della parola «casta».

In entrambe le fattispecie, si tratta di persone pericolose per la coesione sociale.

Sui dipendenti pubblici “fannulloni”, infine, rinviamo all’articolo di un blogger molto in gamba pubblicato qualche anno fa qui: http://arnolfospezzachini.blog.kataweb.it/spezzachini/2008/03/08/il-pd-candida-ichino-il-grande-esperto-in-nullafacenti/comment-page-1/#comment-95098

La prevenzione – Ancora la sicurezza stradale

Continuiamo la nostra analisi sulla questione della sicurezza stradale.
Non sarebbe sbagliato porsi degli obiettivi di medio-lungo periodo, stabilendo una graduale riduzione, nel corso degli anni, della mortalità da incidenti stradali sul territorio comunale, coinvolgendo gli istituti scolastici in una capillare attività di divulgazione della conoscenza delle norme del codice della strada.
Ad esempio, si può promuovere il progetto “Patentiamoci” (http://www.interno.gov.it/it/notizie/patentiamoci-gioca-app-ti-salva-vita), il quale, grazie alla app “Prendi la patente” e ad un gioco che si può utilizzare su computer, smartphone e tablet, consente ai ragazzi di conoscere e apprendere in modo veloce e divertente le norme del codice della strada.
Nelle scuole superiori si potrebbe distribuire l’opuscolo per la guida sicura di scooteristi e motociclisti redatto, con il contributo della Regione Lazio, dal Moto Club Yesterbike (www.yesterbike.it).
Si potrebbero organizzare corsi di guida sicura per bambini su automobiline, come effettuato dal Comune di Roma.
Si potrebbe ospitare una tappa del progetto Icaro della Polizia di Stato mirata all’informazione sulla sicurezza stradale per gli studenti, oppure ospitare una tappa della mostra fotografica itinerante “Altra Strada non c’è” organizzata dalla Polizia Stradale, oppure ancora aderire al progetto “Io non sbando” per l’educazione alla guida sicura organizzato dall’ACI.
Un’iniziativa coinvolgente per i giovani potrebbe consistere nel bandire un concorso, rivolto alle scuole superiori, per realizzare un cortometraggio sul tema della sicurezza stradale e dei comportamenti di guida a rischio.
Ovviamente si potrebbero ospitare tappe di corsi di guida sicura rivolti anche agli adulti, siano essi automobilisti oppure scooteristi o motociclisti.
La Polizia Municipale dovrebbe applicare la tolleranza zero sull’utilizzo del casco, ma nello stesso tempo si potrebbero distribuire nelle scuole superiori degli adesivi da attaccare ai caschi con l’indicazione del proprio gruppo sanguigno, informazione utilissima in caso di ricoveri urgenti.
Si potrebbe organizzare una campagna con manifesti ai bordi delle strade per fornire consigli di guida sicura o segnalare le sanzioni derivanti da comportamenti scorretti alla guida. Analogamente, i tabelloni elettronici presenti sul territorio potrebbero fornire consigli di guida sicura o segnalare le sanzioni derivanti da comportamenti scorretti alla guida (cinture non allacciate, uso del cellulare, non uso del seggiolino per bambini, ecc.).
Tra i cittadini si potrebbe promuovere l’utilizzo della app per cellulari Alertino, la quale consente di inviare un messaggio ai conducenti registrati, avvisandoli del pericolo o della distrazione (ad esempio, “Hai dimenticato i fari accesi. Ti conviene spegnerli altrimenti scarichi la batteria”, oppure “Hai un fanalino che non si accende”).
Sul sito Internet del Comune si potrebbe istituire il contatore degli incidenti stradali, sul modello di quanto realizzato dalla Polizia Municipale del Comune di Verona. Andrebbe poi effettuato uno studio statistico sugli incidenti stradali che sono avvenuti o che si verificheranno nel corso del tempo, in modo da studiarne le cause ed evitarne il più possibile il ripetersi. I dati raccolti andrebbero analizzati valutando zone, periodi, età dei conducenti, effetti degli incidenti (morti, feriti, ecc.), condizioni meteo in cui sono avvenuti, mezzi coinvolti, il tutto al fine di trovare soluzioni per ridurne il numero. Una volta istituita, la Consulta della sicurezza stradale, sulla base di tali dati, potrebbe poi elaborare il Piano comunale della sicurezza stradale.
Ulteriori iniziative andrebbero organizzate in occasione della Giornata mondiale della memoria per le vittime della strada ed in occasione della Settimana mondiale della sicurezza stradale.
Infine, si potrebbe realizzare una campagna informativa sulla corretta manutenzione di autoveicoli e motoveicoli (pressione degli pneumatici, livello dell’olio, liquido di raffreddamento, ecc.), e promuovere tra la cittadinanza l’utilizzo delle app per cellulari che forniscono informazioni sulla corretta manutenzione della propria autovettura.

Campagna promossa dall’Ordine dei medici veterinari contro il fumo passivo per cani e gatti

Dal sito Internet http://www.tuttogreen.it/campagna-promossa-dallordine-dei-medici-veterinari-contro-il-fumo-passivo-per-cani-e-gatti/

CAMPAGNA PROMOSSA DALL’ORDINE DEI MEDICI VETERINARI CONTRO IL FUMO PASSIVO PER CANI E GATTI

di Erika Facciolla

Il fumo passivo è dannoso, questo è ormai noto. Ma che lo sia non solo per la salute degli essere umani ma anche per quella degli animali domestici, primi fra tutti cani e gatti, questo forse lo è di meno.

Conviventi inconsapevoli di fumatori più o meno incalliti, gli animali d’affezione costretti a respirare il fumo dei loro padroni e sono così esposti ad analoghi rischi degli “umani” che sono provocati dall’inalazione di sostanze nocive e dal loro assorbimento attraverso l’abitudine a leccarsi il pelo.

Ad affermarlo sono i medici veterinari della FNOVI (Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani) e gli esperti dell’ALCASE (Associazione per lo studio e la ricerca clinica per il cancro al polmone) che in collaborazione con il Comune di Milano hanno promosso una campagna di sensibilizzazione per spiegare e proteggere gli animali domestici dai rischi correlati al fumo passivo.

L’iniziativa ha coinvolto tutte le strutture veterinarie del capoluogo lombardo dove è stato distribuito materiale informativo sotto lo slogan “Il fumo uccide anche loro”. Secondo gli esperti, a rischiare maggiormente lo sviluppo di neoplasie e forme tumorali dell’apparato respiratorio e della cavità nasale sono in particolare i gatti (più abituati a leccarsi il pelo e quindi assorbire le sostanze nocive che vi si depositano), i cani di piccola taglia e le razze di cani a muso lungo.

Da non sottovalutare anche il rischio avvelenamento legato ai mozziconi trovati in giro e che possono essere facilmente inghiottiti. Il fumo non risparmia neanche piccoli uccelli e pappagalli che possono sviluppare polmoniti letali.

Il Comune di Milano ha promosso con convinzione l’iniziativa per fornire alla popolazione, e in particolare agli amanti degli animali, un ulteriore motivo per smettere di fumare e tutelare la propria salute e quella dei loro amici a 4 zampe. Al pari dei bambini, infatti, cani e gatti hanno il diritto di vivere in ambienti sani e al riparo da pericoli come quelli legati al fumo passivo.

Secondo uno studio della Henry Ford Health System di Detroit – se correttamente informato – il 28,4% dei fumatori proprietari di animali domestici cercherà di togliersi il vizio per tutelare il proprio animale.

Noi ce lo auguriamo…

Ecoreati, la legge è un’arma. Già spuntata

Dal sito Internet http://popoffquotidiano.it/2015/05/20/ecoreati-la-legge-e-unarma-gia-spuntata/

ECOREATI, LA LEGGE È UN’ARMA. GIÀ SPUNTATA

di Carlo Perigli

Finalmente abbiamo una legge sugli ecoreati, ma servirà a qualcosa? La domanda appare lecita, specialmente a vedere il grande dibattito che fin da subito si è scatenato, dividendo tra favorevoli e contrari le stesse realtà che concordavano sulla necessità di una norma che prevedesse i reati ambientali. Festeggia Legambiente, che ieri ha brindato in piazza Navona srotolando uno striscione recante la scritta “Dopo anni di battaglie gli ecoreati sono nel codice penale. Ecogiustizia è fatta”. E sicuramente, l’introduzione di una legge che l’Italia aspettava da oltre 20 anni, è di per sé un fatto positivo. La domanda piuttosto è un’altra: questa norma ha le carte in regola per rispettare le aspettative? Qualche dubbio sorge ad esempio ascoltando le parole di Guariniello, fino a pochi mesi fa pubblico ministero nel processo contro Eternit, naufragato a causa della prescrizione. «E oggi, se potessimo ricominciare tutto da capo, finirebbe allo stesso modo – ha dichiarato il magistrato –. Perché i tempi sono stati raddoppiati, è vero, ma la struttura è rimasta la stessa». Il problema di fondo, secondo il magistrato, risiede nella decisione della Cassazione, secondo cui “questo reato si consuma quando avviene l’evento”, un principio che questa legge ha mantenuto, facendo sì che il reato cominci “a prescriversi quando ancora non si è nemmeno manifestato”.

Ad aumentare le perplessità, la previsione secondo cui il disastro ambientale è tale solamente se “abusivo”, quindi in violazione delle leggi esistenti, e se reca danni “a porzioni estese o significative di suolo o sottosuolo”. In questo senso si sono espressi Paolo Ferrero e Angelo Bonelli, rispettivamente segretario di Rifondazione Comunista e dei Verdi. «Il pensiero corre veloce allo “Sblocca Italia” – ha dichiarato Ferrero – che sembra fatto più per favorire gli inquinatori e gli speculatori ambientali, togliendo ogni regola ed ogni vincolo per la tutela dell’ambiente e del territorio”».

Ultimo terreno di scontri tra favorevoli e contrari è infine l’esclusione dalla norma del divieto di ricorrere all’air gun, una tecnica di ispezione dei fondali marini basata su una serie di spari di aria compressa, le cui onde riflesse permettono di estrarre dati sulla composizione del sottosuolo. Inizialmente aggiunto con un emendamento al testo della Camera, il divieto espresso nei confronti di tale tecnica è stato stralciato su richiesta di Palazzo Chigi. Di “scelta giusta” ha parlato Pietro Cavanna, presidente settore Idrocarburi di Assomineraria. “Se fosse passato il divieto – ha dichiarato ad Adnkronos – saremmo stati i primi al mondo”, poiché “l’air gun non utilizza esplosivo ma aria compressa e serve sia per scopi di ricerca degli idrocarburi ma soprattutto per fini scientifici”. Toni decisamente contrastanti con quelli tenuti dal presidente del Consiglio regionale della Puglia Onofrio Intona, decisamente contrariato per la scelta del governo. Secondo Intona si tratta difatti di “un brutto stop al divieto di usare tecniche invasive geosismiche nelle prospezioni petrolifere in mare, appena mitigato dalla notizia che i delitti ambientali entrano finalmente nel codice penale“. In particolare, a far storcere il naso è quel paradosso secondo cui “non si possono maltrattare tartarughe e cetacei, e questo è giustissimo, ma si può di fatto ucciderli, sparando bordate d’aria compressa contro i fondali marini, per scandagliare sacche sotterranee di idrocarburi”. Per Intona l’esclusione del divieto di ricorrere all’air gun è una chiara vittoria del “partito dell’oro nero”, che minaccia la salute dell’Adriatico e dello Ionio”, mettendo in pericolo sia la salute dei grandi cetacei che, spostandosi con l’udito, sono minacciati dalle onde sonore sparate sul fondo, ma non solo, perché, il basso Adriatico “ospita” sia origini delle guerre mondiali che ben sei siti di affondamento, “nei quali gli aerei NATO hanno sganciato bombe inutilizzate nelle incursioni in Bosnia e Kosovo”. “Non voglio nemmeno pensare – ha aggiunto Intona – a cosa potrebbe innescare una ricerca air gun nel posto sbagliato”. Insomma, l’approvazione di questa legge, almeno per il momento, ci lascia una certezza e un interrogativo. Sicuramente, dopo tanti anni di attesa il codice penale italiano prevede finalmente i reati ambientali. Il dubbio è che dietro i tanti proclami si nasconda nient’altro che un’arma spuntata.

L’Aquila, famiglie sigillate in casa da sei anni

Dal sito Internet http://popoffquotidiano.it/2015/04/06/laquila-famiglie-sigillate-in-casa-da-sei-anni/

L’AQUILA, FAMIGLIE SIGILLATE IN CASA DA SEI ANNI

di Isabella Borghese

Le ricordiamo tutte le prime immagini di L’Aquila seguite al terremoto del 6 aprile 2009, quando il sisma ha causato la morte di 309 persone, 1.500 feriti, danni che hanno superato i 10 miliardi e per chiudere, non di certo in bellezza, oltre 60.000 sfollati. La crudeltà e la ferocia di quel giorno, ancora oggi, restano vivi.

A distanza di sei anni fa ancora più male soffermarci sullo stato attuale dei fatti: 19 le new town costruite all’epoca, dal progetto C.A.S.E., con una spesa pari a un miliardo di euro (complessi abitativi costati circa 2.700 euro al metro quadro), ma da alcune di esse, è il caso di Cese di Preturo, molti sopravvissuti al terremoto, devono andare via, o restarci seppure, in qualche modo, “sigillati dentro”.

La realtà attuale è questa: sigilli a 800 balconi. Questo il primo dato che risalta. 800 i balconi pericolanti, un fatto accertato dopo il crollo di uno di essi proprio a Cese di Preturo, a settembre del 2014, dove per questo crollo c’è ancora un’inchiesta aperta. 39 gli indagati a causa di fornitura materiali scadenti e difetti di costruzione.

E non è tutto. A voler approfondire ci sarebbero ditte che all’epoca hanno costruito le new town, ditte oggi fallite, che avrebbero dovuto occuparsi di fatto della manutenzione delle stesse palazzine per dieci anni. Ribadiamo il loro fallimento. Chi si occupa della manutenzione? Un solo fatto è certo: sono circa 700 le famiglie a rischio di restare senza tetto.

Dunque sigilli ai balconi in palazzine intere e al piano terra, esattamente nell’area che corrisponde ai balconi dei piani superiori. Case con sequestro in atto e di fatto, da sottolineare, famiglie che vivono “sigillate”, con l’impossibilità di uscire sul balcone.

Insomma, per L’Aquila e i suoi borghi non si può parlare e in modo assoluto di ricostruzione efficiente. Per i suoi sopravvissuti non si intravede ancora alcun segnale per una vita dignitosa.

Va tutto avanti male e con lentezza, causando un disagio sempre più forte nei cittadini. A oggi la spesa fatta è pari a 4 miliardi, ma secondo le dichiarazioni del sindaco Massimo Cialente servirebbero ancora ben 3 miliardi e mezzo. Il 2017 è segnato dallo stesso come obiettivo per la ricostruzione del centro storico e delle frazioni. Manca personale e per questo il sindaco stesso chiedere al governo di spostare gli impiegati da altri uffici.

Pessime notizie riguardano anche la situazione dei bambini: dal 2009 6.000 bambini sono tutt’oggi nei Musp, i Moduli a uso scolastico provvisorio, realizzati per rientrare nelle scuole nel settembre del 2009, eppure oggi mostrano i segni del tempo, tra disservizi e disagi.

“Per ora – spiega il sindaco – nessun istituto è stato ricostruito, ma i soldi per farlo sono nelle casse comunali, 44 milioni. Sono arrivati solo a metà 2013 e fino ad allora, per legge, non potevamo fare nessun progetto – aggiunge –. A breve dovrebbero cominciare i lavori in due scuole ma la burocrazia per la ricostruzione pubblica ci fa perdere mesi”.

Migliaia, ieri sera, le persone che hanno sfilato con e fiaccole. Colpisce allora uno striscione tenuto stretto dai familiari delle vittime: “Il fatto non sussiste ma uccide”, c’è scritto e fa riferimento alla sentenza della Corte d’Appello nell’assoluzione di sei dei sette componenti della Commissione Grandi Rischi.

“Credo che il clima sia cambiato. Il dolore oggi – ha dichiarato il sindaco Cialente – viene vissuto in modo più raccolto, anche se per questa occasione ha influito la concomitanza delle festività pasquali. Ma la commemorazione del 6 aprile – aggiunge – deve diventare sempre di più un momento della storia di questa città. La presenza di persone come il sindaco di Pescara, Marco Alessandrini, e di altre figure istituzionali regionali come quella del presidente del Consiglio regionale, Giuseppe Di Pangrazio, è un bel segnale. Non mi aspettavo – conclude – la presenza di rappresentanti del governo nazionale per via della Pasqua”.

L’Aquila e i suoi borghi hanno bisogno dell’Italia, di un Paese attento che si prenda cura dei suoi borghi e della sua gente.

La rapina globale della biomassa

Dal sito Internet http://www.greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/la-rapina-globale-della-biomassa/

LA RAPINA GLOBALE DELLA BIOMASSA

L’ultimo rapporto “Patterns of global biomass trade – Implications for food sovereignty and socio-environmental conflicts” dell’Environmental Justice Organizations, Liabilities and Trade (EJOLT) realizzato con il contributo di ricercatori di World Rainforest Movement, Grain, delle Università austriache dell’Alpen-Adria e di Vienna e di quella etiope di Gondar, spiega la brutta storia dell’olio di palma in Indonesia e fa lo stesso per la soia in Paraguay, dove gli indios stanno protestando contro il governo e le multinazionali, e per i grandi investimenti nel land grabbing in Etiopia. Tre casi di studio che servono ad illustrare un’analisi più ampia dei modelli globali delle biomasse.

Uno degli autori, Andreas Mayer dell’Istituto di ecologia sociale dell’Università dell’Alpen-Adria, sottolinea che «L’attuale espansione di terreni agricoli nel sud del mondo mette grande pressione sulle popolazioni locali che sono spesso gravemente minacciate di perdere i loro mezzi di sussistenza. Il rapporto si propone di rivelare le condizioni biofisiche ed i driver strutturali di questi conflitti e quindi di identificare i potenziali conflitti che derivano dal modello dominante della produzione agricola industrializzata».

Tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI secolo, il commercio mondiale di prodotti agricoli è cresciuto oltre tre volte più velocemente rispetto alla produzione agricola. Quasi tutti la nuova terra messa in produzione dal 1986 è stato utilizzata per coltivare prodotti da esportare ed EJOLT evidenzia che «Mentre i maggiori volumi di produzione agricola del commercio aumentato la disponibilità globale di prodotti agricoli, i benefici e gli impatti negativi non sono distribuiti in modo uniforme a livello globale».

Se si guarda ai vari continenti, le aree dove l’aumento della produzione agricola per l’esportazione è più forte sono l’America Latina ed alcuni Paesi del Sud-Est asiatico e dell’Europa orientale. «Questo orientamento all’export è spesso associato ad impatti negativi sull’autosufficienza alimentare – dicono i ricercatori – ed è una potenziale minaccia per la sovranità alimentare dei Paesi produttori».

Il caso più conosciuto di rapina della biomassa è quello dell’olio di palma, ma, nonostante le denunce delle associazioni ambientaliste e delle comunità locali, l’espansione dell’industria dell’olio di palma sembra inarrestabile. Mentre prima era usato soprattutto per cucinare e nella preparazione di alimenti, attualmente più della metà di tutto l’olio di palma che viene prodotto nel mondo finisce in saponi, cosmetici, biodiesel e per altri utilizzi industriali. Le piantagioni di palma da olio sono la monocoltura in più rapida crescita al mondo e quasi la metà di questa vertiginosa crescita globale – avvenuta tra i primi anni ‘60 e 2010 – è avvenuta in un solo Paese: l’Indonesia, dove si è passati dai meno di 70.000 ettari degli anni ’60 ai 6 milioni di ettari del 2012. Un’enorme espansione delle piantagioni di palma da olio che ha provocato forti danni ambientali, con la distruzione di interi ecosistemi e un impatto gigantesco sulla biodiversità, ma anche sul cambiamento climatico, dato che per far posto alle piantagioni sono state “bonificate” torbiere e paludi e sono state abbattute intere foreste che stoccavano quantità enormi di carbonio.

Ma l’espansione delle piantagioni di palma da olio è avvenuta anche a danno di comunità locali e popoli autoctoni che sono stati espropriati dei loro territori ancestrali dalle multinazionali e dalle loro filiali locali, con metodi brutali e che hanno scatenato conflitti sociali, spesso finiti in modo violento.

“Patterns of global biomass trade” esamina l’evoluzione globale della produzione alimentare e del commercio alimentare a livello mondiale ed individua le cause dei conflitti socio-ambientali. I due casi di studio dell’Indonesia e del Paraguay, importanti esportatori di prodotti agricoli, dimostrano che concentrarsi sulla produzione di materi prime per l’esportazione (estrattivismo) nel settore agricolo «Può essere collegato al potenziale aumento di conflitto socio-ambientale». Questa evidenza, getta a sua volta nuova luce sul terzo caso di studio dell’Etiopia, un Paese ancora più povero di Indonesia e Paraguay, dove è in corso una velocissima modernizzazione dell’agricoltura – gestita dallo Stato e da multinazionali straniere – proprio per farlo diventare uno dei principali esportatori di prodotti agricoli. Qui la rapina di biomassa sta provocando scontri con i popoli tribali che vengono sfrattati per far posto a grandi aziende agricole ed a dighe che servono ad irrigare i campi e dare energia alla nuova agro-industria.

Henk Hobbelink, di Grain, ha detto che «Su questo tema, l’unica reale raccomandazione politica che vedo è che l’espansione delle commodity delle colture deve essere interrotta e invertita e la terra deve essere riportata ad una produzione alimentare nelle mani dei piccoli agricoltori».

I ricercatori sottolineano che «Concentrandosi sui driver dei conflitti per l’uso del suolo, i risultati presentati in questo rapporto riguardano argomenti importanti per la ricerca sulla sostenibilità e la politica in generale».

Gli autori concludono dicendo che «L’Unione Europea dovrebbe rivedere la Politica Agricola Comune per rafforzare l’agricoltura su piccola scala, promuovere filiere corte, sostenere programmi di commercio equo e solidale, oltre che aumentare le pratiche biologiche e permacultura».

MAS, la tecnica di selezione piante da marcatori è più sicura agli OGM

Dal sito Internet http://www.tuttogreen.it/mas-tecnica-di-selezione-piante-da-marcatori-piu-sicura-degli-ogm/

MAS, LA TECNICA DI SELEZIONE PIANTE DA MARCATORI È PIÙ SICURA AGLI OGM

di Marco Grilli

Al di là dell’ingegneria genetica sui semi (per ottenere prodotti OGM), che continua a dividere e suscitare aspre critiche, il mondo delle biotecnologie che opera per il miglioramento genetico delle piante è molto più ampio e comprende anche tecniche efficaci, non nocive per l’ambiente e la salute dell’uomo.

Tra queste vi è la MAS (selezione assistita da marcatori), uno strumento che mantiene un approccio convenzionale di selezione e incrocio delle piante e va oltre il lavoro di “taglia-e-cuci del DNA” dell’ingegneria genetica, ricorrendo a tecnologie avanzate di marcatura molecolare per agevolare gli incroci e conferire i tratti desiderati nelle nuove varietà.

Rispetto agli OGM, i cui risultati, oltre a tutti i contro (si tratta di piante brevettate considerate da parte del mondo scientifico come pericolose per la salute dell’uomo e dell’ambiente), sono limitati esclusivamente all’ottenimento di una maggiore tolleranza agli erbicidi e resistenza agli insetti, la MAS, conosciuta anche come smart breeding, rispetta la barriera tra le specie, è più sicura, non richiede adattamenti legislativi, affronta questioni varie e complesse (dalla resistenza alla siccità all’adattamento ai cambiamenti climatici) e risponde pienamente alle esigenze degli agricoltori, coinvolgendoli e sfruttando la loro secolare sapienza.

In sintesi, si tratta di una biotecnologia innovativa che vira verso un’agricoltura ecologica, capace di affrontare le esigenze della produzione e la grande sfida del cambiamento climatico, senza comportare rischi per l’uomo e l’ecosistema.

La selezione assistita da marcatori si approccia alle diversità genetiche, climatiche e culturali, ripudiando il modello standardizzato e omologato promosso dalle grandi multinazionali bio-tech attraverso l’ingegneria genetica. Non si persegue quindi il miglioramento fine a se stesso, perché i coltivatori vengono chiamati a partecipare allo sviluppo di nuove varietà regionali e locali, che si adattino alle condizioni del posto.

Ad oggi la MAS ha ottenuto risultati notevoli in varie aree del mondo. Alcuni esempi: è stata proficuamente utilizzata dagli agricoltori per combattere i patogeni del riso (ruggine delle foglie, brusone, ecc.) e aumentare la sua tolleranza alla siccità, alle inondazioni e alla salinità; nell’India settentrionale ha agevolato la coltivazione di una varietà redditizia di miglio; in Sudan ha permesso di fronteggiare la minaccia di una pianta infestante, la striga, nei campi di sorgo; in Nigeria e Tanzania è riuscita a selezionare una varietà di manioca resistente al disastroso virus del mosaico, che può compromettere dal 20 al 90% della produzione, mentre nell’America Settentrionale ha facilitato la resistenza ai funghi da parte della coltura del frumento.

Dieci anni fa questa tecnica era solo agli esordi, mentre oggi, e ancora di più in futuro, potrebbe giocare un ruolo cruciale per soddisfare il diritto all’alimentazione in modo equo e sostenibile. Cerchiamo quindi di scoprirla nel dettaglio.

Nell’attività d’incrocio tradizionale delle piante sono selezionati nuovi tratti partendo dalle varietà esistenti, ma se alcuni sono semplici e possono esser facilmente verificati (ad esempio la grandezza o il contenuto di zuccheri), ve ne sono altri molto più complessi (ad esempio la resistenza alle malattie o alla siccità), che coi comuni programmi di incrocio e selezione richiedono un processo lungo e dispendioso per la loro identificazione.

La MAS permette di risolvere tale inconveniente poiché una volta che scoperta una sequenza genetica sempre correlata a un determinato tratto si isola il marcatore che la definisce (ad esempio la resistenza alle malattie), e non si ha più bisogno della verifica sul campo attraverso l’osservazione della nuova generazione di piante incrociate. Per sapere subito se quest’ultime hanno ereditato o no il tratto in questione, basta infatti cercare la presenza del marcatore con un semplice test del DNA. Rispetto all’ingegneria genetica, che trasferisce o trasforma del materiale genetico isolato (spesso estraneo) nel genoma delle piante, durante il processo di selezione assistita da marcatori non si altera il DNA e non viene introdotto nessun novo gene, poiché si procede coi tradizionali incroci, resi molto più veloci e accurati.

Ampiamente diffusa negli ultimi anni, grazie alla riduzione dei costi (che restano comunque molto elevati), al miglioramento dell’efficienza e agli sviluppi tecnologici, attualmente lo smart breeding è applicato con successo a una vasta gamma di colture fondamentali per l’alimentazione mondiale, quali riso, frumento, sorgo, orzo, fagioli, ceci, patate, mais manioca e arachidi.

Le varietà agricole resistenti ottenute con questa tecnica si sono rivelate più efficaci nel fronteggiare gli stress biologici (virus, funghi, batteri, erbe infestanti e insetti), rispetto a quelle prodotte con metodi convenzionali. La MAS consente infatti di accelerare lo sviluppo di nuove varietà, grazie a un metodo unico di combinazione dei tratti che permette di ottenere una resistenza duratura sia alle malattie, che ai parassiti.

D’altro canto, la selezione assistita da marcatori sembra rispondere con successo anche agli stress fisici e chimici (siccità, allagamenti, eccesso di salinità), ossia a quei problemi accentuati dal cambiamento climatico, che minacciano oggi più che mai la produzione sostenibile del cibo.

In importanti colture come frumento, soia, orzo, broccoli, mais e arachidi, lo smart breeding ha dimostrato di poter migliorare anche i tratti relativi alla qualità. Tra gli esempi di successo citiamo le varietà di grano con alto contenuto proteico, o quelle di riso con migliori qualità di cottura. Se fino a poco tempo fa la selezione della qualità era un processo lento e costoso, oggi i tempi si sono notevolmente ridotti e l’efficacia è migliorata grazie proprio a queste tecniche di marcatura molecolare, utilizzate oggi anche per aumentare le concentrazioni di microelementi in diverse colture.

Sempre in tempi recenti, la MAS ha permesso di sfruttare l’elevato potenziale dei geni derivati da varietà selvatiche e locali, poiché grazie ai marcatori molecolari si riesce a lavorare con precisione su piccoli settori del genoma di queste varietà, mantenendo alte rese. Lo sbloccamento della reale ricchezza genetica tramite questa tecnica, ha consentito così di selezionare tratti migliori in un’ampia gamma di colture, in modo da ottenere, per esempio, alte rese per riso e pomodori, o proteine di alte qualità nel mais.

Non da ultimo, merita poi una citazione il miglioramento genetico partecipativo, ossia quel modello di selezione e miglioramento genetico che combina i metodi scientifici con la sapienza e l’esperienza degli agricoltori. Come già accennato, si tratta di una strategia poco costosa e veloce che mira a selezionare varietà adatte a livello locale e capaci di soddisfare le esigenze dei coltivatori, chiamandoli direttamente in causa. In alcuni programmi innovativi, la MAS si è unita alle conoscenze degli agricoltori, così che tale relazione proficua ha già dato ottimi risultati per l’agricoltura, come nel caso della varietà di manioca resistente al virus del mosaico, o di quella di riso che riesce a fronteggiare la siccità.

Molte organizzazioni ambientaliste tra cui Greenpeace, autrice di un dettagliato report sul tema, chiedono ora a governi, aziende e organizzazioni filantropiche di sostenere tecnologie innovative come la MAS, che possono contribuire efficacemente alla transizione verso un modello di agricoltura ecologica, capace di produrre cibo senza nuocere all’ambiente.

Il cambiamento climatico impone un cambio di rotta nelle modalità e tecniche di produzione: la selezione assistita da marcatori, già ampiamente accettata nell’opinione pubblica, spera di soppiantare presto l’ingegneria genetica.