Dal quotidiano gratuito DNews del 19 marzo 2009
IL FOTOVOLTAICO CRESCE AD ALTO PREZZO
di Angelo Di Mambro
La recessione ha colpito anche il fotovoltaico, ma la crescita della potenza installata in Italia procederà con tassi annui a due cifre per almeno un lustro. Continuerà la tendenza degli ultimi anni quindi- nel 2008 la potenza installata è cresciuta del 150% passando dai 120,6 MW di fine 2007 ai 301,7 attuali. Lo sottolinea il Rapporto dell’Energy & Strategy Group, l’osservatorio sull’energia del Politecnico di Milano. Che però ricorda anche la fragilità della filiera del fotovoltaico italiana: «Tre imprese su quattro – si legge nel Rapporto – sono italiane a valle della filiera, nella distribuzione e installazione, cioè dove la marginalità è più bassa (dal 7 al 17%), mentre a monte – nella produzione e vendita del silicio i ricavi superano il 50% – l’import puro raggiunge quota 98% e il restante 2% è rappresentato da imprese estere con filiale italiana».
Il solare made in Italy insomma soffre di una forte dipendenza dall’estero. Anche perché la realizzazione di un impianto che produce 1 megawatt di energia, cioè di una centrale, costa. Approssimativamente 5 milioni di euro. E dove trovare finanziamenti tanto generosi in un periodo in cui la sola parola “prestito ” fa stringere a chiunque i cordoni della borsa?
Il rischio concreto, se il paradigma tecnologico rimanesse esattamente com’è, silicio cristallino, è giocare un ruolo da comprimari nello sfruttamento dell’energia solare del domani. Con le imprese tedesche, spagnole, asiatiche, a rilevare anche la parte di filiera dove finora gli italiani hanno creato lavoro e impresa. E cospicue risorse, comprese quelle pubbliche degli incentivi, a prendere la via della remunerazione di altri mercati. Tre le proposte del Rapporto: affiancare una politica industriale alla politica di incentivi del Conto Energia; chiedere uno sforzo alle imprese per aumentare la capacità produttiva dei pannelli; investire in ricerca e sviluppo su nuove tecnologie come il film sottile, che potrebbero catapultare la Penisola da fanalino di coda della produzione a polo emergente del nuovo paradigma che entro 5 anni dovrebbe raggiungere una quota di mercato del 20-30%.
Il fotovoltaico nel nostro Paese comunque continuerà a crescere presso i consumatori finali, forte di un mercato giovane e di incentivi pubblici che sono i più alti d’Europa. Con il nuovo Conto Energia il Gestore dei servizi elettrici eroga infatti un incentivo che per ogni kilowattora prodotto che va da un minimo di 36 centesimi di euro, a un massimo di 49.
47 PROGETTI FINANZIATI DA UE, UNIVERSITÀ, ENTI PUBBLICI E RETI DI AZIENDE
L’Italia sconta un ritardo grave nel lancio di programmi di ricerca e sfruttamento delle energie rinnovabili. Peccato mortale in un settore, come il fotovoltaico, che richiede l’impiego di tecnologie molto “giovani” e complesse. Secondo uno studio dell’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano ci sono 35 progetti di ricerca pubblici sulle celle fotovoltaiche di nuova generazione. 18 sono finanziati dalla Comunità europea (per 164 milioni di euro), 14 sono i progetti universitari e di altri enti pubblici di ricerca (per quasi 5 milioni di euro) e tre quelli promossi da network di imprese con i fondi del bando “Industria 2015” del Ministero dello Sviluppo Economico. In Italia non c’è una specializzazione sul fotovoltaico, ma diverse iniziative in cui sono coinvolte l’Università di Ferrara, il CNR o il CESI Ricerca.
MEGACENTRALI A RILENTO, PICCOLE SCALE CRESCONO
Intervista a Vittorio Chiesa, direttore Energy & Strategy Group School of Management, Politecnico di Milano
DOMANDA. Come ha reagito il settore del fotovoltaico alla recessione?
RISPOSTA. «Si è fatta sentire. Ci sono circa 300 megawatt di potenza che hanno subito il rallentamento degli investimenti. A risentire di più della crisi sono stati gli impianti grandi, perché le banche che finanziano centrali di questo tipo (e si arriva anche al 90% dei costi) sono state più parsimoniose. Gli istituti di credito territoriali invece hanno perlopiù continuato a finanziare impianti piccoli».
D. L’Italia conferma una vocazione alla generazione diffusa più che alle distese di pannelli stile Spagna?
R. «Probabilmente sì. Per le caratteristiche orografiche e la densità abitativa e perché ogni intervento rilevante dal punto di vista territoriale richiede parecchi passaggi burocratici. Per avviare una centrale da più di 200 megawatt da noi ci vogliono 70 documenti. In Germania ne bastano 7. I privati e le imprese possono invece trasformare più agevolmente, per esempio, i tetti di case e capannoni in superfici che producono energia e reddito».
D. Produrre energia col fotovoltaico costa ancora troppo. A quando una convenienza maggiore?
R. I tedeschi dicono entro due anni. Secondo noi la grid parity (coincidenza del costo del kWh fotovoltaico con il costo del kWh prodotto da fonti convenzionali per tutte le categorie di utenti e per tutte le fasce orarie, ndr) non ci potrà essere prima del 2015-2016».
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